LE ARMI E LE GUERRE
La darah è una cotta di maglia di ferro composta di anelli
metallici concatenati. A volte, per maggiore protezione, se ne
indossano due, sovrapposte. Durante la sciagurata campagna del
Sudan, la stampa inglese espresse grande meraviglia alla vista dei guerrieri
locali che, a guisa di antichi cavalieri medioevali, erano protetti da capo a piedi
da armature. I giornalisti non sapevano che tutte le grandi tribù avevano conservato, forse dal tempo delle Crociate, centinaia di usbergi. So di un viaggiatore inglese che, come Napoleone III e il duca di Wellington, si è fatto costruire da Wilkinson di Pall Mall una cotta di maglia. Si dice che quella di Napoleone sia stata costruita in filo di platino da un polacco che, insieme alla paga, aveva anche ricevuto l'ordine di lasciare Parigi. Pare che Sir Robert Clifton abbia collaudato la sua corazza con una colt, dopo averla sistemata su di un manichino. Ma queste armature, che sono a prova di freccia, di spada e, se si usa polvere da sparo araba, persino a prova di pallottola, non possono nulla contro un fucile moderno, anzi, peggiorano la situazione perché i frammenti di ferro penetrano nella ferita. Un sergente inglese ha detto di preferire la semplice camicia per andare in battaglia. Ma egli potrebbe fare di meglio: abbandonare anche quella per ritornare alla primitiva lotta a corpo nudo.
In Abissinia l'abbigliamento per le onorificenze, il Qilat, comprende un'ampia veste fatta di pelle di leone con i bottoni in argento dorato, un paio di calzoni di seta, una fascia in vita e un copricapo dello stesso materiale, una spada, uno scudo, due lance; un cavallo con i finimenti di seta e argento e un mulo con la stessa bardatura. Questo corredo si accompagna alle decorazioni dell'Ordine di Salomone, che consistono in medaglie recanti incisi sul diritto una corona imperiale, che si dice essere simbolo del Tempio Gerosolimitano del Re Saggio, sul rovescio la leggenda amarica di 'Yoanne Negus zei Etiopia' – Giovanni, Imperatore d'Etiopia.
Gli ordini sono i seguenti: l'Ordine di Gran Croce, la cui medaglia d'oro massiccio è a forma di stella, ha un peso di 100 grammi, è lavorata e tempestata di gemme e viene conferita solo ai reali; il Cavalierato, la cui medaglia, simile alla precedente, ha un peso di 50 grammi, non ha gioielli incastonati ed è destinata a stranieri insigni; la Stella dell'Ufficiale, la cui medaglia, in argento dorato, è anch'essa di 50 grammi; il Compagno, la cui medaglia è d'argento puro ed ha lo stesso peso della precedente.
Queste medaglie si portano appese al collo. Soltanto l'ultima viene appuntata al petto. La pratica di inaurare le medaglie è comune anche in Europa. In Austria le medaglie di bronzo sono spesso fatte dorare dagli stessi destinatari della decorazione, in violazione di ogni regola di etichetta.
L'origine della balestra (Arcubalista) si perde nella notte dei tempi. Nel mio Libro della Spada ho scritto che l'arco è la prova decisiva della differenza fra le armi dell'uomo e quelle delle bestie, allo stesso modo in cui l'imene è la prova della differenza di grado, se non di specie, fra l'uomo e gli animali. Nel Marco Polo di Yule si legge che “l'arco era stato reintrodotto in Europa durante le guerre del XII secolo”. Ma la balestra era ben nota al buon re Carlomagno.
Gli Arabi hanno sempre portato le loro armi dentro a una bandoliera, ad armacollo sulla spalla destra. Ai giorni nostri, invece, essi portano appeso alla spalla sinistra il Majdal, che regge una linea di cilindri di ottone per le cartucce, l'Attatrif, appoggiati sul fianco destro. Dalla spalla destra pende una cartucciera a tracolla, il Masdar. che contiene un sacchetto di pelle per i proiettili, l'Argiah. In vita hanno una cintura, l'Hizam, a cui sono appesi un pugnale e delle cartucce di riserva.
La mazza orientale è ben nota ai collezionisti inglesi. E' per lo più di acciaio, con un manico corto, come quello che noi chiamiamo scherzosamente il 'salvavita'. La testa può avere diverse forme, quella più semplice è una palla dalla superficie liscia e levigata o ruvida e in rilievo come quella di un melone, oppure può ispirarsi alle teste di animali particolari, come i tori. In Oriente e in Russia – i Russi affettano di disprezzare la loro origine orientale, alla quale essi devono invece gran parte dei loro meriti - il turchese è considerato un talismano che protegge dalle ferite e dalla morte in battaglia. I Persiani lo considerano una difesa contro l'Occhio del Maligno e vi incidono sopra uno o più nomi sacri. Su questi talismani uno spiritualista moderno ha fatto questa riflessione: “Gli anelli, i ciondoli portafortuna e gli amuleti sono forse elementi magnetici, che racchiudono una funzione simbolica per quello che non possiamo capire? E l'antica credenza nel potere delle reliquie ha forse una base naturale, se non addirittura scientifica?
Nel Katha Sarit Sagara Pandit fa la descrizione di un tipico combattimento arabo: “ Cominciò quindi la confusione della battaglia, con lancio di frecce, aste, giavellotti, mazze, asce, che causarono la morte di innumerevoli soldati
(da notare che, per lui, milioni di morti sono nulla). I fiumi si arrossarono di sangue, i corpi degli elefanti e dei cavalli finirono in pasto agli alligatori. Le perle che decoravano le teste degli elefanti si mischiarono alla sabbia e le teste degli eroi rotolarono accanto ai sassi. La battaglia eccitò i demoni i quali, ubriachi di sangue e affamati di carne, presero a danzare con i tronchi ancora palpitanti di vita…”
Le faide fra tribù nemiche sono un grosso problema per il viaggiatore perché possono ritardare di parecchi mesi il suo viaggio. Fino a quando non viene raggiunta qualche forma di accordo, non gli è permesso di passare da una tribù all'altra. Una situazione di questo genere mi ha impedito di attraversare l'Arabia, da Medina a Maskat, e di recarmi all'inizio del lago Tanganika in Africa. Se durante il viaggio sorgono di questi problemi e si ha un termine di tempo entro cui effettuare il percorso si corre il rischio di perdere tutto.
I ceti inferiori di Siria e Egitto sono dediti alla pratica dei combattimenti corpo a corpo e degli assalti duri/ aspri. Anche i negri, imitando gli attacchi dei montoni, si addestrano a caricare e cozzare con le loro teste dure come pietre. Quando Erodoto, parlando della battaglia di Pelusio del 524 a.C., scrisse che i crani degli egiziani erano induriti dalle rasature e dalle insolazioni, mentre quelli dei persiani erano resi più teneri dall'uso di copricapi, diede un giudizio antropologico errato. Il cranio degli iraniani, infatti, è congenitamente più sottile di quello dei negroidi egiziani e dei negri.
Nella battaglia di Hattin, in cui l'abile strategia di Saladino da un lato e la follia dei Franchi dall'altro portarono all'annientamento del Regno di Gerusalemme (23 giugno 1187), dopo che i tre vescovi che avevano cercato di difendere la città vennero trucidati, l'ultimo frammento della Vera Croce (quella legittimata da Elena) cadde in mani musulmane. I cristiani implorarono fortemente per riaverlo, anche dietro pagamento di un riscatto, ma Saladino, credente coscienzioso, rifiutò di restituire 'quell'oggetto di devozione superstiziosa'. Suo figlio, tuttavia, che era di un'altra pasta, sarebbe stato disposto a venderlo ai Franchi, ma questi non avevano abbastanza soldi per comprarlo. Così il frammento scomparve e non mi stupirei se giacesse in qualche moschea del Cairo, inutile e dimenticato come un pezzo di legno qualsiasi.
Durante la sventurata campagna Sawakin contro i nobili negri del Sudan, i fellah giustificarono la codardia che li aveva spinti a fuggire dicendo: “Siamo egiziani”, vale a dire musulmani troppo valenti per perdere le nostre vite come farebbe comodo a voi Franchi e a quei cani di cristiani. Sotto Maometto Alì il
Grande, questi soldati contadini conquistarono i 'congiunti' arabi a Bissel e in terra Wahhabi, mentre nella battaglia di Nazib essi costrinsero i turchi a fuggire. Il defunto generale Jochmus mi spiegò di aver salvato la cavalleria ottomana al suo comando in Siria, con manovre continue, evitando la battaglia campale. Maometto Alì, che conosceva bene i suoi uomini, fucilava i disertori e investiva del grado di ufficiali dei turchi o degli albanesi. Sa'id Pasha fu il primo a nominare ufficiali i contadini egiziani. E fu sotto il suo comando che questi soldati, fino ad allora i migliori combattenti in Oriente, divennero di colpo i peggiori. Noi abbiamo trovato il modo giusto di farli combattere, affidando il funzionamento dei comandi ad ufficiali inglesi. Non dobbiamo però dimenticare di fucilarli appena osano darsela a gambe.
La Corte di Baghdad, come quella del Gran Mogol, si ispirava nella sua disposizione a quella di un esercito sul campo di battaglia, con il Sovrano al centro, un Wazir a capo dell'ala destra e dell'ala sinistra, le avanguardie e le retroguardie.
I re musulmani, come i vecchi monarchi parsi, sono tenuti a concedere pubblica udienza - il Darbar - almeno due volte al giorno, mattino e sera. Proprio l'abbandono di questa pratica causò in passato la rovina del Califfato, dell'Impero persiano e di quello mogul. Senza di essa, i grandi Signori non erano più controllati e i ligi insorsero contro le ingiustizie di cui erano vittime. I re parsi avevano due luoghi diversi per le udienze: il Rozistan, per quelle diurne e lo Shabistan, per quelle notturne. (Da notare che istan o stan è una forma nominale di istadan, che significa stare in piedi). Un giorno la settimana, inoltre, il sovrano assumeva la funzione di Mufti, cioè di Giudice supremo.
Presso i musulmani non esiste la legge salica; ma il Rasm o costume dell'Islam, stabilito dalla successione dei primi quattro Califfi - con danno di Ayishah e di altre donne eccellenti - costituisce un forte precedente contro la successione femminile. Gli indù invece accettano di buon grado sia una Rani che un Rajah. Come gli europei, essi sono convinti che quando vi è un re, è la moglie a governare e viceversa. Ad un musulmano del popolo appare invece impossibile un governo affidato a mani femminili. Una volta, un afgano mi domandò:” Che cosa succederebbe se la regina stesse partorendo quando è richiesta la sua presenza?”
Il sadaqah (sincerità) è un obolo volontario, la zakat (purificazione) è un'elemosina obbligatoria per legge. “La preghiera ci conduce fino a metà della strada che va verso Allah; il digiuno ci conduce fino alla porta del suo palazzo; la carità ci fa entrare dentro.” La zakat non prevede una cifra fissa, anche se essa non deve essere inferiore a un quarantesimo dei propri beni o al due e mezzo per cento. Per quanto ne so, l'Islam è l'unica religione che prevede una tassa obbligatoria per i poveri e che stabilisce un'imposta sul patrimonio, più equa dell'imposta sul reddito di cui l'Inghilterra va fiera.
I lettori ricorderanno che per la legge e il costume musulmano l'assassinio e l'omicidio sono crimini punibili dalla famiglia della vittima, non dalla società o dai suoi rappresentanti. Questo sistema ricompare nella società civile sotto la denominazione di legge di Lynch. E' un sistema sgradito agli avvocati, che diventano superflui. E' molto efficace se usato con moderazione.
La legge del taglione è l'essenza stessa del diritto, non solo di quello musulmano, ma di quello penale in genere. Confucio, il più mite e umano dei legislatori, non perdonava chi lasciava in vita l'uccisore del proprio padre. La legge musulmana del taglione (Corano, II.178-179) è identica a quella degli Ebrei (Exod., XXI, 24), che deriva probabilmente da una consuetudine antichissima. Tuttavia molti rabbini moderni suggeriscono di interpretare la legge mosaica più come la richiesta di un risarcimento in denaro che come una vendetta che infligga al colpevole lo stesso danno da lui arrecato. Il celebre Isaac Aburbanel cita molti argomenti a conferma di questa posizione. Per esempio, se l'accusato ha un occhio solo, è giusto che egli lo perda per aver colpito quello di un uomo che ne aveva due? Egli si sofferma anche sull'impossibilità pratica di infliggere una punizione che sia l'esatto equivalente dell'ingiuria causata e cita Shylock, che non può prelevare la sua libbra di carne senza far scorrere sangue. I musulmani tuttavia non comprendono queste sottigliezze. Se vi è una richiesta di rappresaglia, il giudice deve garantirne l'attuazione. In Marocco si narra la storia di un mercante inglese che dovette rinunciare al diritto del dente per dente su richiesta di una donna anziana, ma una concessione lucrosa gli indorò la pillola.
Per gli Arabi, la vendetta è un dovere sacrosanto e, al loro stadio di civilizzazione, essa è indispensabile per tenere insieme la società. Così, l'omicidio colposo di un furfante è considerato un sacrificio ad Allah. Presso i cristiani, invece, è la divinità che rivendica il monopolio della vendetta.
Per evitare che vengano puniti il giorno del giudizio, il musulmano è tenuto a pagare i debiti dei genitori defunti. Maometto, che da vivo ingiungeva pietà per i debitori, disse: “Allah ha comprensione per tutte le colpe, eccetto che per i debiti; vale a dire, dunque, che per essi vi sarà una punizione.” E anche: “Ad un martire saranno perdonati tutti gli errori, ma non i debiti.” In un'occasione, egli si rifiutò di pregare per un musulmano che era morto insolvente. Questa durezza è curiosamente in contrasto con la clemenza con cui suggerì ai creditori di rimettere i debiti attraverso l'elemosina. Di fatto, questo punto di vista sull'indebitamento rende sconsigliabile fare un prestito a un amico musulmano.
La giustizia musulmana non è completamente soddisfatta fino a quando l'imputato non confessa, anche se questa confessione è ottenuta con la bastonatura delle piante dei piedi. Le prove indiziarie vengono completamente ignorate ed a ragione: per un popolo dall'ingegno così acuto, l'ammissione porterebbe a una serie illimitata di abusi. Un governatore generale dell'India a cui ho dato questa semplice informazione è rimasto molto stupito.
E' curioso mettere a confronto la procedura inglese con quella islamica. Per esempio, un giudice arabo avrebbe risolto il famoso caso di Tichborne Claimant in un quarto d'ora, ordinando l'uso del bastone. Ma che ne sarebbe stato di tutte le istanze degli avvocati e delle loro parcelle? A chi avesse obiettato a quel giudice che la confessione era stata estorta con la violenza, egli avrebbe risposto che non per questo la verità aveva meno valore.
In Oriente, gli uomini rispettano i provvedimenti virili, non quelli isterici, filantropici e pseudo-umanitari dei nostri attuali governi, che sono poi in fondo i più crudeli. Zaid bin Abiih, mandato dal califfo a ripristinare l'ordine a Bassora, diventata un covo di briganti, rese immediatamente nota la sua intenzione di governare con la spada. Invitò innanzitutto i malfattori a lasciare la città. Poi, proibì di uscire per strada dopo la preghiera della sera, pena la vita. La prima notte, duecento persone non rispettarono l'ordine e furono giustiziate. La seconda notte, il numero di persone messe a morte scese a cinque. Dalla terza notte in poi, non vi furono più infrazioni. Paragoniamo ora questo sistema a quello civilizzato che il nostro “governo cristiano” ha introdotto in Egitto, con grande scandalo di quella terra musulmana. La criminalità è raddoppiata di colpo e hanno cominciato ad operare delle bande organizzate di briganti, un fenomeno sconosciuto prima e mai esistito in questo secolo.
Quando il pericolo incombe, è consuetudine afferrare un uomo per la camicia e gridare Dahilak (sotto la tua protezione). Il nobile beduino che riceve questa richiesta difende lo straniero a prezzo della vita. Limitando questa domanda d'aiuto alle donne e ai giovani, gli stranieri si sono fatti disprezzare.
Nel Corano, il taglio della mano destra è la punizione per il furto di un oggetto del valore di quattro dinari. Se il furto è ripetuto, viene tagliato il piede sinistro, all'altezza della caviglia e così via. Ai criminali incalliti è riservata la morte. Questa pratica è però obsoleta e oggi il furto è punito con una bastonatura delle piante dei piedi, con una multa o con la prigione. I vecchi parsi erano molto più severi. Per un furto del valore di 1 dirham, la punizione era una multa di due dirham, il taglio dei lobi delle orecchie, 10 colpi di bastone e un'ora di prigione. Se il furto si ripeteva, la punizione veniva raddoppiata. Successivamente, veniva tagliata la mano destra e, se il valore della merce rubata era molto alto, vi era la pena di morte.
Chi abita in paesi dal clima temperato non immagina neanche cosa riescono a fare le formiche ai tropici. In Sud Africa, i Cafri legano i prigionieri sopra a un formicaio (è successo anche a un mio povero amico) e in poche ore gli insetti si mangiano vivi quei poveri disgraziati, atomo dopo atomo. Questo tipo di morte è una vera tortura, anche se forse il sistema nervoso dei prigionieri diventa presto insensibile. Nell'Africa occidentale, questa fine è capitata a più di un invalido confinato a letto. In un mio libro, ho descritto un'invasione di formiche a Zanzibar. Anch'io ho patito i loro attacchi in molti luoghi, mentre ero in viaggio fra quest'isola e il Dahomey.
La pratica dell'accecamento era molto comune in Oriente, specialmente nel caso di eredi non voluti di famiglie principesche. Si praticava una profonda incisione verticale agli angoli degli occhi, poi si sollevavano le palpebre, si facevano uscire i bulbi dalla loro cavità, si tagliavano i muscoli e il nervo ottico, per poter estrarre i globi. L'ultimo califfo accecava le sue vittime passando la lama incandescente di una spada vicino all'orbita o facendo scorrere un ago arroventato sopra al bulbo. Più o meno nello stesso periodo, in Europa per questa operazione si usava un catino di metallo riscaldato (il famoso bacinare usato dall'Ariosto), come successe a Pier delle Vigne, “il padrino dell'italiano moderno”.
Al tempo dei califfi, la testa di un musulmano decapitato veniva sistemata sotto l'ascella. Quella di un ebreo o di un cristiano, invece, veniva messa fra le gambe, vicino alle vergogne.
La crocifissione era una punizione riservata alle persone umili ed era ancora in vigore al tempo di Maometto Alì Pascià il Grande. Fu il superstizioso imperatore Costantino ad abolirla. I malfattori venivano inchiodati o legati al patibolo o alla croce, che non aveva suppedaneo e venivano lasciati morire di fame e di sete, torturati dalle mosche e dal sole. In genere sopravvivevano tre giorni, poi morivano per le ferite e la sfinitezza causata dai crampi e dalle convulsioni. In molti casi i cadaveri venivano abbandonati ai nibbi e ai corvi e questo aggiungeva orrore alla morte.
La semplice impiccagione lascia insoddisfatti i musulmani. Il colpevole di un'atrocità dettata da fanatismo viene appeso avvolto in una pelle di cinghiale, si dà fuoco al suo cadavere e si gettano le ceneri in un pozzo nero.
La punizione dello Saik prevedeva che il criminale venisse appeso per i calcagni e che il carnefice, armato di un'ascia, lo tagliasse in due partendo dall'inforcatura e andando verso il collo. Una volta raggiunta la gola il boia, con un abile colpo di lama, faceva in modo che la testa del condannato restasse attaccata a una delle due parti del corpo. Questa punizione è stata a lungo in vigore in Persia. Venne abolita, pare, dallo scià Fath Alì, dopo che un condannato aveva continuato a insultare la regina madre e le donne della famiglia reale fino a quando la lama non aveva raggiunto le sue parti vitali. Un'altra punizione comune era il Qat'Alarba o divisione in quattro parti, equivalente al nostro squartamento.
L'impalamento può sembrare una punizione barbarica, ma è molto efficace e questo, dopotutto, è il suo scopo principale. Il vecchio Maometto Alì non sarebbe mai riuscito a soggiogare e disciplinare i feroci Badawi di Al-Asir (la regione dell'Ophir a sud di Al-Hijaz) senza un uso disinvolto del palo. I banditi affrontavano con coraggio la morte, ma non sopportavano l'idea che i loro corpi fossero fatti a pezzi e divorati dagli uccelli e altri animali.
Il palo, chiamato Hazuq, è una robusta pertica appuntita a un'estremità. Il criminale vi viene gettato sopra sul ventre e tenuto saldamente, fino a quando il palo non è penetrato nel suo fondo schiena. A questo punto, il suo corpo e le sue gambe vengono legati al palo, che viene issato a poco a poco e conficcato nel terreno, in un buco scavato in precedenza. Se questa dolorosa operazione è condotta da un esperto, che evita di provocare ferite mortali, il disgraziato sopravvive anche tre giorni, soffrendo acutamente la sete. Il bere, però, causerebbe un'emorragia e la morte istantanea. Questa è stata la condanna subita dallo studente musulmano che commise il crimine patriottico di assassinare il maresciallo Kléber nel giardino dell'hotel Shepherd del Cairo. Anche qui, come nella crocifissione, la morte è causata dai crampi e dallo spossamento fisico e nervoso (vedi Canon Farrar, Vita di Cristo).
I fellah sono molto intelligenti nell'inventare nuovi modi di uccidere difficili da scoprire. Dopo che per anni erano stati ritrovati cadaveri che non presentavano segni di violenza, le indagini dei Franchi portarono a scoprire che era stata loro infilata nell'ano la canna di una pistola ed era stato esploso un colpo all'interno del corpo. Nella storia inglese vi sono alcuni casi di omicidio di questo tipo, ma questa pratica non divenne mai comune.
Il Grande Disastro si riferisce all'infelice battaglia di Bedr (Badr) nell'anno 17 del Ramadan A.H. 2 (13 gennaio 624), quando Maometto fu così vicino alla sconfitta che gli angeli furono costretti a venirgli in aiuto.
Gli scrittori cristiani attribuiscono a Maometto la decapitazione di due prigionieri, Utbah ibn Rabi'a, che gli aveva sputato in faccia e Nazir ibn Haris, che aveva recitato racconti persiani, preferendoli alle 'sciocche favolette del Corano'. Ma che cosa avrebbero fatto i nostri antenati a un uomo che avesse sputato in faccia a John Knox o che avesse detto di preferire una commedia francese al Pentateuco?